La gipsoteca dell’Accademia delle Belle Arti

Corridoio d’ingresso dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, via Belle Arti, 54. Immagine presa dal sito: http://www.kinodromo.org

Corridoio d’ingresso dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, via Belle Arti, 54. Immagine presa dal sito: http://www.kinodromo.org

Generalmente lo studio storico-artistico tende a privilegiare la storia della pittura a scapito di quella riguardante la scultura. Per questo motivo vorrei raccontarvi l’importanza che ha avuto nei secoli la raccolta di gessi dell’Accademia di Belle Arti di Bologna ed il prestigio che con essa ha acquisito la città.
Lo storico dell’arte Cesare Malvasia (1616 – 1693) ci racconta che i grandi maestri della pittura del Cinquecento, primo tra tutti Guido Reni, studiarono il corpo umano disegnando ripetutamente le sculture dell’arte classica, attingendo dai calchi in gesso formati dagli originali generalmente eseguiti in marmo. Queste sculture erano disponibili soprattutto nella città di Roma, dove i papi si circondavano di copie di sublimi opere antiche.
Anche a Bologna però, dalla metà del Cinquecento, iniziarono ad essere presenti importanti collezioni d’antichità, come quella del medico e naturalista Ulisse Aldrovandi e del senatore e cavaliere dell’ordine di Santo Stefano Ferdinando Cospi nelle quali si potevano osservare ogni genere di oggetti: minerali, animali, piante essiccate, marmi scolpiti, strumenti, monete e naturalmente calchi in gesso.
Ma bisogna aspettare il Settecento perché sia disponibile al pubblico un numero considerevole di statue antiche a tutto tondo. Luigi Ferdinando Marsili, uomo d’arme e di scienza, fonda agli inizi del Settecento, prendendo a modello l’Accademia reale francese, l’Accademia della Scienze all’interno della quale nasce nel 1710 l’Accademia Clementina luogo deputato all’apprendimento interdisciplinare. In questo ambito era contemplato lo studio dell’arte e del disegno, pertanto si sentì la necessità di acquisire modelli da ritrarre dal vero. Viene compilato un elenco delle opere indispensabili da far giungere tra le pareti dell’Accademia: l’Ercole Farnese che era uno dei pezzi prediletti da Annibale Carracci, il Laoconte senza i puttini, il Gladiatore, il torso del Belvedere, la Venere de’ Medici, tanto per citarne alcuni. E Prospero Lambertini, il futuro Papa Benedetto XIV, diede un decisivo impulso alla crescita culturale della sua città natale.
Fu così che Bologna diventò tappa fondamentale del Grand Tour per tutti i giovani aristocratici europei che, dal XVII secolo in poi, volevano accrescere e perfezionare il loro sapere.
Tra la seconda metà del Settecento e gli inizi dell’Ottocento la gipsoteca incrementò notevolmente la sua collezione, con l’acquisizione di opere rinascimentali ed antiche.
Nel 1805 iniziano a giungere tra le pareti felsinee i calchi dei bassorilievi della colonna Traiana e copie di alcune opere conservate al museo Pio-Clementino di Roma, tra i quali l’Apollo del Belvedere, l’Antinoo, la Cleopatra, grazie all’intervento di personalità importanti come il massimo esponente della scultura neoclassica Antonio Canova.
Dal 1803 al 1811 la collezione si triplicò e giunsero anche due nuove statue dello stesso Canova donate dal fratello dell’artista: la Concordia e il grande Cavallo.
Con l’unità d’Italia e la riorganizzazione dell’istruzione artistica, i gessi vengono utilizzati per lo studio dell’archeologia in qualità di documenti delle fasi artistiche dell’antica Grecia.
Agli inizi del Novecento arrivano, grazie al Ministero della Pubblica Istruzione, calchi di parti architettoniche dell’Acropoli di Atene destinati agli studenti di architettura ed elementi decorativi.
Poi il lento declino dei gessi, causato dall’usura dovuta a fini di studio e all’incuria, dura fino agli anni Novanta del Novecento, quando prende il via un programma di studio, restauro e valorizzazione dei distinti nuclei di statue acquisite nel corso dei secoli, e che ancora oggi vedono impegnati studenti e professori della Scuola di Restauro dei Materiali Lapidei, che ha sede ed opera in silenzio proprio tra le mura dell’Accademia bolognese.

Dove si trova:

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